Ahmad Reza Jalali rischia l’esecuzione: il recente conflitto tra Israele e Iran mette il ricercatore svedese-iraniano nel mirino di Teheran.
Il regime iraniano potrebbe presto giustiziare Ahmad Reza Jalali, cittadino svedese e ricercatore a causa della recente escalation militare con Israele.
È arrivata alle otto e ventitré del mattino del 14 giugno la notizia, riportata da SVT, secondo cui Ahmad Reza Jalali, il ricercatore svedese-iraniano del detenuto dal 2016 nel famigerato carcere iraniano di Evin, sarebbe a imminente rischio esecuzione.
La notizia è basata su un documento pubblicato dalla ONG Iran Human Rights (IHRNGO), il quale riporta i nomi di 10 individui detenuti in diverse carceri iraniane: questi prigionieri, tra cui figura Jalali, potrebbero essere giustiziati come conseguenza dei recenti attacchi israeliani contro il regime di Teheran. Ma chi è Ahmad Reza Jalali? Perché è detenuto nel carcere di Evin? E cosa c’entra la guerra tra Israele ed Iran con la sua storia?
Nato nel 1971 nella città di Sarab, nella regione dell’Azerbaijan dell’Est in Iran, Ahmad Reza Jalali è un medico e accademico specializzatosi nella medicina d’emergenza e dei disastri. Dopo aver studiato all’Università di Tabriz, in Iran, Jalali ha continuato la sua formazione tra l’Italia, all’Università del Piemonte Orientale, e il Karolinska Institutet di Stoccolma, dove ha poi conseguito un dottorato nel 2012. Successivamente, si è dedicato alla ricerca e all’insegnamento accademico, principalmente al Karolinska Institutet e alla Libera Università di Bruxelles.
Nel 2016, dopo essere stato invitato a prendere parte a una conferenza sulla medicina d’emergenza in Iran, Jalali viene arrestato dalle autorità iraniane senza un’apparente motivazione. Secondo quanto riportato da Amnesty International, il ricercatore viene portato al carcere di Evin, dove trascorre sette mesi nella sezione 209 (controllata dal Ministero dell’Intelligence iraniano), di cui tre in isolamento e senza la possibilità di rivolgersi a un avvocato. Nel 2017 inizia il processo a suo carico, giudicato dal Gruppo di Lavoro sulle Detenzioni Arbitrarie delle Nazioni Unite come gravemente ingiusto, chiedendo al governo iraniano l’immediato rilascio di Jalali. L’accusa mossa contro il ricercatore del Karolinska Institutet è quella di collaborare con Israele al fine di indebolire il regime di Teheran.
Sin dai primi giorni del suo arresto l’Utrikesdepartementet (il Ministero degli Esteri svedese) segue da vicino il caso Jalali, cercando a più riprese di negoziare il suo rilascio con il governo iraniano. La questione viene persino discussa in un faccia a faccia a Teheran tra l’allora primo ministro svedese Stefan Löfven con il suo omologo iraniano Hassan Rouhani nel febbraio 2017.
Tuttavia, la detenzione di Jalali continua. Le sue condizioni di salute fisica e mentale si deteriorano come risultato della sistematica negazione di cure mediche e delle continue torture inflittegli al fine di estorcere una confessione. Che, infine, arriva.
Nel 2018, Jalali viene dichiarato colpevole di “diffondere la corruzione sulla terra” (efsad-fil-arz) e condannato a morte. I video della sua confessione vengono poi diffusi dai media di stato iraniani. Come Jalali stesso avrà successivamente modo di dire all’attivista iraniano per i diritti umani Reza Khandar:
“Quando ho visto il video delle mie confessioni in cella ero scioccato. Mi sono chiesto: ho veramente detto quelle cose?”
Nel 2018, il governo svedese decide di conferire a Jalali la cittadinanza svedese al fine di assisterlo meglio e più da vicino.
Nel dicembre 2023, mentre Hamid Noury (tra i colpevoli degli assassini politici delle carceri iraniane nel 1988) viene condannato all’ergastolo dalla Corte d’Appello Svea a Stoccolma, Jalali diventa una pedina della “diplomazia degli ostaggi” iraniana insieme al diplomatico svedese Johan Floderus (di cui abbiamo parlato in questa edizione di Voci di Svezia). Tuttavia, mentre Floderus viene liberato nel giugno 2024 con un accordo mediato dall’Oman (insieme a Saeed Azizi, un cittadino svedese-iraniano), le condizioni per un’eventuale rilascio di Ahmad Reza Jalali non vengono discusse poiché l’Iran, secondo il ministro degli esteri svedese Tobias Billström, non accetta la doppia cittadinanza di Jalali. Nonostante ciò, la mancata liberazione del ricercatore genera pesanti critiche contro Billström e il primo ministro svedese Ulf Kristersson.
Arriviamo ai giorni nostri. Il 13 giugno, Israele ha attaccato l’Iran, prendendo di mira una serie di strutture dedicate all’arricchimento dell’uranio, al fine di impedire al regime di Teheran l’eventuale sviluppo di ordigni atomici; durante l’attacco, anche un numero di generali dell’esercito iraniano - in particolare dei pasdaran, le Guardie della Rivoluzione - sono stati eliminati. La strategia dell’attacco, che ricorda quello del 2024 contro Hezbollah in Libano, è quella della “decapitazione:” come riporta il New York Times, Israele starebbe cercando di neutralizzare militarmente l’Iran attraverso l’azzeramento della sua gerarchia militare.
Tuttavia, per poter portare a termine un attacco del genere, Israele ha dovuto compiere una colossale operazione segreta, che ha visto gli agenti del Mossad (i servizi segreti israeliani) penetrare in profondità nel territorio iraniano. Come riporta la CNN, gli agenti segreti israeliani hanno costruito una base per il lancio di droni esplosivi in Iran molto tempo prima del 13 giugno, facendo entrare grosse quantità di armi clandestinamente; questo, insieme alla precisione degli attacchi contro i capi dei pasdaran e gli scienziati nucleari iraniani danno un’idea della capacità di Israele di raccogliere intelligence e agire indisturbata dietro le linee nemiche. E qui si cela il collegamento con una eventuale esecuzione di Ahmad Reza Jalali.
Infatti, secondo il sopracitato documento rilasciato dal IHRNGO, l’escalation tra Israele ed Iran costituisce un pretesto utile per eliminare tutti quegli individui sospettati di intrattenere legami con il Mossad. Negli ultimi mesi, il regime di Teheran ha accelerato la frequenza delle condanne a morte per “corruzione sulla terra attraverso lo spionaggio per Israele:” dall’inizio dell’anno sono già state giustiziate tre persone sulla base di queste accuse. E Ahmad Reza Jalali, cittadino svedese dal 2018, condannato a morte sulla base di un processo arbitrario e ingiusto, potrebbe essere il prossimo.
Noi di Voci di Svezia continueremo a monitorare la situazione.