Più vicino di quanto pensi
Le lingue nordiche in Italia in un’intervista con il docente di Lingue e Letterature Scandinave Massimo Ciaravolo.

Leggere un libro di una scrittrice o scrittore svedese può essere ormai un’abitudine per molti affezionati a Giallosvezia, la linea editoriale e la prospettiva culturale lanciata da una casa editrice qualche tempo fa. I romanzi di genere e noir sono diventati un fenomeno di massa a partire dalla diffusione sul mercato internazionale di Uomini che odiano le donne, opera del giornalista e scrittore Stieg Larsson; naturalmente si tratta del primo volume della serie Millennium, che, da lì in poi, ha riscosso un enorme successo (di cui l’autore, scomparso nel 2004, non ha mai potuto godere). In Italia il romanzo è arrivato con la traduzione da Carmen Giorgetti Cima: anche qui è stato un grande successo.
Leggere in italiano un libro svedese può dunque essere assai naturale: è il risultato del processo di formazione e specializzazione di professionisti che hanno acquisito le loro competenze linguistiche nel nostro paese. In Italia, infatti, esiste una tradizione, ancorché recente, di traduttori, esperti di letteratura, studenti e docenti di lingue scandinave, che, attraverso le generazioni, hanno consentito una mediazione diretta tra le due culture.
Una posizione di assoluta rilevanza nel contesto degli studi scandinavi, non solo in Italia, è occupata Massimo Ciaravolo, docente di Lingue e Letterature Scandinave all’università Ca’ Foscari di Venezia. In un recente articolo pubblicato su Tidskrift för Litteraturvetenskap, Rivista di Scienze Letterarie – testo fondamentale per la ricerca scientifica del settore –, il prof. Ciaravolo ha ripercorso le tappe fondamentali di questo settore.
In questo articolo di Voci di Svezia, che accoglie un’intervista da lui concessa, ripercorriamo le tappe di questo settore e le prospettive non soltanto di un ambito accademico, ma anche di un campo culturale: le lingue nordiche sono molto più vicine di quanto si possa pensare.
Per quanto siano relativamente “giovani”: la prima iniziativa che tentò di radicare la ricerca sulla cultura scandinava in Italia fu quella di Giuseppe Gabetti che, nel 1932, alla fondazione dell’Istituto Italiano di Studi Germanici (istituzione ancora assai attiva), prevedeva anche di operare una mediazione culturale tra Italia e paesi nordici. La scandinavistica italiana, fa notare Ciaravolo, era forse iniziata già prima, con la tesi di laurea dello scrittore e militare triestino Scipio Slataper sullo scrittore norvegese Henrik Ibsen. Slataper, tuttavia, non conosceva il norvegese e Ibsen lo aveva studiato per tramite delle versioni tradotte in tedesco.
Il successore di Gabetti a Roma fu Mario Gabrieli; questi insistette sulla necessità di una mediazione diretta tra le lingue nordiche e l’italiano ed operò in questo senso nella sua carriera. Dopo aver lavorato in Svezia, Gabrieli tornò a Roma, per poi spostare la sede dell’insegnamento di letterature nordiche all’Università di Napoli – L’Orientale, ove, molto tempo dopo, la tradizione resiste con l’insegnamento delle docenti Maria Cristina Lombardi e Angela Iuliano.
In epoche più recenti, sedi di insegnamento furono aperte anche a Firenze, Bologna, Milano, Pisa, Genova e Venezia. Alcune di queste sedi hanno continuato a offrire insegnamenti nell’ambito, altre invece non risultano più attive. Attualmente, le università di Napoli, Genova e Venezia si concentrano su un percorso monolingue (svedese, con tuttavia una spiccata attenzione comparativa con le altre lingue e culture nordiche), mentre Roma, Firenze e Milano mantengono una prospettiva multilingue. A Roma i corsi sono attivati dal giovane docente Luca Gendolavigna, a Firenze da Anna Wegener, a Genova da Paolo Marelli e Davide Finco, a Milano sono attivi Camilla Storskog e Andrea Meregalli.
A Venezia, invece, lavorano i docenti Sara Culeddu e Massimo Ciaravolo; qui è attivo come ricercatore Andrea Romanzi.
Gli studenti interessati alla cultura nordica presso queste sedi sono inseriti in percorsi triennali e magistrali che consentono di acquisire una specializzazione linguistica e di formare i professionisti delle lingue nordiche del domani. Di grande importanza è poi l’iniziativa della docente di lingua svedese Anna Brännström, che con il suo Istituto Culturale Nordico offre corsi di norvegese, danese, finlandese, islandese e, naturalmente, svedese anche al di fuori dei percorsi accademici, aperti dunque agli entusiasti di Scandinavia di tutte le età e inclinazioni.
Di recente, il professor Ciaravolo è stato insignito del premio per l’introduzione e la diffusione della cultura svedese da parte dell’Accademia di Svezia (l’istituzione che assegna i premi Nobel). Gli è stato riconosciuto l’impegno nella mediazione culturale, l’attività di ricerca, insegnamento e traduzione dallo svedese. A lui abbiamo chiesto opinioni spunti idee sul suo percorso, la passione per la Svezia e il mondo nordico e il senso dell’apprendimento delle lingue scandinave qui in Italia.
Gentile professor Ciaravolo, in una recente intervista ha dichiarato che il suo avvicinamento alla lingua e cultura svedese è avvenuto non solo per una passione culturale o letteraria, ma anche per l’interesse politico e sociale verso l’esperienza della socialdemocrazia svedese, il welfare scandinavo e la figura di Olof Palme, ministro di Stato svedese tra il 1969 ed il 1976 e poi ancora tra il 1982 ed il 1986.
Che cosa la colpiva del welfare state svedese?
Sono cresciuto in un contesto culturale e familiare in cui si era posta grande attenzione ai temi del progresso sociale. I miei fratelli avevano seguito con attenzione gli avvenimenti politici, storici e culturali della fine degli anni Sessanta. Più tardi, quando ero ancora un ragazzino, la Svezia mi era parsa come la realizzazione di un mondo alternativo. Crescendo e entrando al liceo linguistico Manzoni, a Milano, ho conosciuto bene l’inglese e il tedesco. In quegli anni la Svezia mi mostrava che un altro tipo di società era possibile, che vi era un rimedio sociale possibile alle ingiustizie. Olof Palme era una figura coinvolgente, tra le fine degli anni ‘70 e gli anni ’80 era dirompente, parlava francese, tedesco, inglese, trasmetteva l’idea di un paese dinamico, progressista, socialista, ma non sovietico. Sembrava davvero un’alternativa radicale rispetto alla proposta politica italiana, una visione, un modello di organizzazione sociale, sobrio e funzionale come l’architettura di Alvar Aalto, ispiratore come l’arte di Munch. La passione per la letteratura, per quanto quella inglese e tedesca, mi è stata trasmessa proprio durante la mia esperienza liceale alla Manzoni.
Più avanti mi sono iscritto al corso di laurea in Lingue alla facoltà di Lettere; svedese era la mia terza. Dal tedesco avevo acquisito familiarità con un certo tipo di lessico e da lì i primi passi verso lo svedese sono stati più agevoli. A Milano mi ha senz’altro aiutato la docente che ho conosciuto, Margherita Giordano Lokrantz. Alla fine del secondo anno sono stato nella località di Undersåker, nei pressi della località di Åre, per un corso estivo di lingua. Più avanti ho attenuto una borsa di studio per preparare la tesi sullo scrittore Hjalmar Söderberg. Sono stati anni fondamentali per imparare la lingua.
Perché oggi è utile apprendere le lingue nordiche?
Mettendo da parte le considerazioni politiche, che parzialmente avevano ispirato il mio interesse quando ho cominciato, mi sembra che, nell’epoca in cui viviamo, in Scandinavia vi siano ancora opportunità di lavoro, di autonomia, di libertà. Questo gioca ancora un ruolo. Le lingue scandinave in Italia sono “lingue medie”. Non hanno i numeri di inglese e spagnolo, ma comunque i gruppi di studenti che ho avuto nei miei anni di insegnamento sono sempre stati consistenti.
Ritiene che l’interesse per le lingue scandinave sia stabile o in flessione?
Il quadro degli studi di scandinavistica in Europa è abbastanza stabile. Alcune sedi di insegnamento non sono più attive, come è successo nel Regno Unito o in Francia, ma complessivamente l’interesse verso questa disciplina rimane consistente. In Italia gli specialisti sono attivi e organizzano regolarmente convegni, per quanto esista una certa forma di “concorrenza” con ambiti disciplinari più ampi, come tutte le letterature di area germanica o la stessa filologia, di cui, in qualche modo, la lettera nordica può essere vista come “emanazione”.
Un momento di grande popolarità per la letteratura dei paesi nordici è stato quello dei gialli di ambientazione scandinava, come il caso della saga di Millennium o di autori molto popolari, come Camilla Läckberg. Questa rappresentazione cupa del paese può avere in qualche modo anche cambiato anche la prospettiva con cui si guarda alla Svezia?
Io penso che il lettore intelligente si renda conto che si tratta di fiction. Non penso che la percezione della Svezia sia mutata per il successo della crime fiction scandinava. Penso che essa abbia creato un’immagine letteraria e trasmesso una serie di conoscenze sui paesi nordici. Gli autori hanno impiegato sicuramente il cliché dell’età dell’oro, hanno idealizzato un passato per mostrare per contro un presente incomprensibile e caotico. Hanno giocato sul contrasto tra società perfetta e i mostri che vi si possono nascondere. Tutto questo impiegando stile e bravura nel racconto, elemento che di sicuro appartiene alla tradizione letteraria nordica.
Ritiene che la stampa, in Italia, abbia trasmesso un’immagine più negativa del paese negli ultimi anni?
Ritengo che la stampa italiana abbia trasmesso l’idea di una situazione critica. Questo ha più peso della fiction che rielabora e amplifica temi sicuramente presenti nella società, ma con ambizioni artistiche. Trovo la situazione preoccupante, grave per la vicenda della criminalità che si sta radicando in alcune zone e che impiega come manodopera ragazzi molto giovani, attirati da questo terribile “culto della morte”.
Citando i grandi autori scandinavi che più l’hanno coinvolta e attratta, ha citato Kierkegaard di Enter-eller (Aut-aut in italiano), Strindberg e Ibsen. Ve ne sono altri che sente che l’abbiano ispirata?
Uno è di sicuro Hjalmar Söderberg, un autore di grande stile, fruibile però anche da un quasi esordiente (Ndr: tra le sue opere, si citano Doktor Glas, tradotto da Maria Cristina Lombardi e Il gioco serio, tradotto da Massimo Ciaravolo). A me è capitato di conoscerlo all’inizio del mio percorso. Poi per me è stata fondamentale Astrid Lindgren. Quasi tutti gli scandinavisti cominciano il loro percorso di apprendimento della lingua in età adulta, saltando in qualche modo la prima fase di conoscenza: la letteratura per bambini consente di riprendere quel parlato affettivo e familiare che Lindgren sa rendere in un modo unico. È davvero la testimonianza della bellezza della lingua. Ancora adesso, Lindgren è una miniera.
Ai lettori di Voci di Svezia non resta che mettersi alla ricerca di questi tesori.