La Finlandia nella NATO e il braccio di ferro tra Svezia e Turchia

Come molti commentatori si aspettavano alla fine la Finlandia il 4 aprile è ufficialmente diventata il 31° membro della NATO, anticipando la Svezia. Le voci e le dichiarazioni sia a livello di dibattito interno svedese, che internazionale, si erano susseguite per tutta la prima metà del mese di marzo, e ne avevamo già parlato anche noi nella newsletter di febbraio.
Dopo il terzo incontro trilaterale tra Finlandia, Svezia e Turchia a Bruxelles, dello scorso 9 marzo, la posizione turca sembrava ancora osteggiare l’adesione di entrambi i paesi, ma con una maggiore morbidezza verso i finlandesi. L’incontro serviva a fare il punto della situazione sugli accordi presi dai tre paesi al summit di Madrid del 28 giugno 2022, e messi nero su bianco nel discusso trilateral memorandum (treparstavtalet). Il memorandum affronta le principali preoccupazioni turche: il divieto alle esportazioni di armi verso la Turchia - che Svezia e Finlandia avevano messo in atto nel 2019 - e delle misure molto più severe nei confronti delle organizzazioni terroristiche, che nel caso turco vuol dire principalmente il PKK, Partito dei Lavoratori Curdi.
L’accelerazione del processo di adesione della Finlandia diventa palese tra il 14 e il 15 marzo quando il Primo Ministro svedese Ulf Kristersson, in conferenza stampa, dichiara che non è escluso che Svezia e Finlandia aderiscano alla NATO in momenti diversi e come questa possibilità sia drasticamente aumentata nelle ultime settimane. Rimarcando che non si discute del fatto che la Svezia entri o meno nell’Alleanza Atlantica ma solo del quando lo farà. Il giorno dopo, il presidente finlandese Sauli Niinisto comunica la sua visita ad Ankara di venerdì 17 marzo, dove il Presidente turco Erdoğan annuncia infine l’avvio dell’iter parlamentare per la ratifica dell’adesione della Finlandia alla NATO e tesse le lodi del paese per aver intrapreso “azioni concrete e autentiche” al contrario dei vicini svedesi che critica per aver in passato “accolto a braccia aperte ai terroristi” e per “non aver fatto tutto ciò che era stato richiesto dalla Turchia”. Nella stessa giornata l’Ungheria - l’unico altro membro Nato a non aver ancora ratificato l’adesione dei due paesi nordici - sblocca il processo parlamentare programmando un voto per il 27 marzo, giorno in cui effettivamente il parlamento ungherese (Országgyűlés) approva la richiesta di adesione finlandese. Cosa che infine farà anche il paramento turco (Meclis) il 31 marzo.
Ma cosa chiede Ankara a Stoccolma? Almeno ufficialmente solo ciò che è stato negoziato ed è scritto nel trilateral memorandum, come ha più volte ricordato il Segretario Generale della NATO Jens Stoltenberg in varie uscite pubbliche (tra cui una dettagliata e brillante intervista di Anders Holmerg su SVT). Ma il punto è che agli osservatori sembra che la Svezia abbia già realizzato tutto ciò che era richiesto nell’accordo. Ha revocato a settembre 2022 il divieto di esportazioni di armi alla Turchia; a gennaio 2023 ha fatto una discussa modifica alla Costituzione (grundlagar) per far sì che i membri di organizzazioni terroristiche, riconosciute come tali, non possano più essere protetti dal diritto alla libertà di associazione (föreningsfriheten). La riforma era propedeutica a una nuova e più severa legge anti terrorismo - già in programma già dal 2017, in seguito all’attentato di Stoccolma - che il governo ha sottoposto al Parlamento proprio il 9 marzo, data dell’incontro trilaterale a Bruxelles, nella speranza di persuadere la Turchia a sbloccare la ratifica della Svezia come nuovo membro NATO. E’ previsto che questa nuova legge sia approvata e entri in vigore a giugno.
Ma quello che trapela è che Ankara abbia ancora qualche richiesta: pare che continui a chiedere l’estradizione di varie persone - che ritiene essere terroristi - e dopo i roghi del Corano da parte dell’estremista di destra danese Rasmus Paludan - di cui abbiamo parlato nella scorsa newsletter - ha fatto intendere che vorrebbe che queste azioni siano vietate per legge. Entrambe le richieste si scontrano con la lunga e radicata cultura politica svedese di stato di diritto e di libertà di parola.
Le richieste di estradizione che la Turchia vorrebbe fossero esaudite non possono essere approvate unanimemente dal governo. Il potere giudiziario è indipendente: è quindi la Corte Suprema svedese (Högsta Domstolen) a decidere e la maggior parte delle richieste sono sono state respinte perché la Svezia non estrada persone che hanno acquisito la cittadinanza svedese e che rischiano di essere perseguitate politicamente nel paese di origine. Molte delle persone che Erdoğan chiede sono sì di origine turca, ma hanno ottenuto la cittadinanza a seguito di una richiesta di asilo politico. Recentemente il governo ha approvato l’estradizione - a seguito del via libera della Corte Suprema - di un cittadino turco che era stato condannato da un tribunale turco a 15 anni di carcere, per un crimine che in Svezia sarebbe l’analogo della frode.
La richiesta di vietare i roghi del Corano per legge, invece, si scontra con il diritto alla libertà di parola (yttrandefrihet): per quanto possa l’atto essere provocatorio e umiliante verso coloro che credono nell’Islam, azioni di questo tipo non sono vietate in Svezia. Come non è vietato bruciare altri libri sacri. Questo specifico punto, come ha osservato Jens Stoltenberg, non fa inoltre parte del trilateral memorandum e perciò non potrebbe essere utilizzato da Erdoğan come condizione per la ratifica dell’adesione svedese alla NATO.
Bisognerà lavorare ancora in sede di negoziato con la Turchia - ed è una cosa che farà anche Stoltenberg e non soltanto il governo svedese in solitaria - per far presente che la Svezia ha già ottemperato a tutti gli impegni concordati nel trilateral memorandum e, soprattutto, che i diversi paesi membri della NATO hanno diverse tradizioni politiche e culturali e quindi leggi diverse. Sempre Stoltenberg sottolinea come non si può pretendere di vietare tutto ciò che non piace, facendo riferimento alle richieste di Erdoğan, ma allo stesso tempo sembra anche lanciare un suggerimento implicito (e anche controverso) alla Svezia ricordando che in alcuni paesi si sono trovati dei compromessi, non semplici, per bilanciare la libertà di parola e atti che possono creare situazioni pericolose, odio o violenza.
Come si risolverà questa complicata situazione? La date cruciali nei prossimi mesi saranno essenzialmente due: le elezioni politiche turche del 14 maggio e il summit NATO a Vilnius l’11 e il 12 luglio. La Svezia dovrà probabilmente aspettare lo scioglimento del Parlamento turco, in vista delle elezioni, e sperare che Erdoğan venga sconfitto o abbassi i toni da campagna elettorale che finora ha utilizzato specialmente a fini di politica interna. Dopo di ciò la diplomazia svedese e quella internazionale, USA e UK in primis, faranno la loro parte per fare più pressioni possibili sulla Turchia e far ratificare la richiesta svedese di adesione prima del summit di luglio, dove tutti i membri NATO sperano di poter accogliere finalmente la Svezia come loro 32° alleato.