Esplosioni, sparatorie e narcotraffico: la lotta contro la criminalità organizzata
La Svezia lancia l'Operazione Frigg
Il primo marzo, diversi quotidiani hanno riportato la notizia dell’inizio della più grande operazione contro la criminalità organizzata fino ad ora condotta dalla polizia svedese, intitolata Operation Frigg (qui l’articolo del Göteborgs Posten). L’operazione, supervisionata dal capo della polizia di Malmö Stefan Sintéus, mira a sgominare il complesso network di gang e gruppi criminali organizzati che agiscono sul territorio di Stoccolma, nonché tutte le loro ramificazioni sul territorio della Svezia. Questa iniziativa della polizia svedese, diretta erede della precedente Operation Rimfrost del 2019, vuole essere una risposta all’intensa attività delle gang che da tempo si sono rese responsabili del significativo aumento della violenza nelle principali città svedesi: secondo i dati riportati da SVT, il numero di morti per sparatorie è aumentato costantemente negli ultimi 10 anni, registrando il suo picco massimo con 62 vittime l’anno scorso.
L’imponente sforzo messo a punto dalla polizia svedese non è tuttavia riuscito a fermare l’ondata di violenza che ha sferzato il paese e, in particolare, la capitale Stoccolma nello scorso mese. Nella notte tra il 2 e il 3 marzo, un uomo di circa 50 anni è stato ucciso a Tullinge, un sobborgo del comune di Botkyrka a sud di Stoccolma, in una probabile resa di conti; nella stessa zona, nella notte tra il 3 e il 4, due donne hanno perso la vita in conseguenza di un incendio doloso; pochi giorni dopo, il 7, nel comune di Huddinge, un uomo è stato freddato in un condominio. Le attività violente delle gang si sono protratte anche nella seconda metà di marzo, interessando non solo la capitale svedese: il 16, una potente esplosione ad Hässelby, quartiere nord-occidentale di Stoccolma, ha ferito un uomo di 55 anni, mentre il 17, a Göteborg, un’esplosione ha distrutto l’entrata di un condominio, fortunatamente senza procurare vittime, nel quartiere sud di Tynnered.
Secondo le autorità inquirenti, molti degli episodi violenti accaduti nel mese di marzo sono legati alla sanguinosa faida tra i due network criminali noti come Foxtrot e Dalen, a loro volta guidati da due individui conosciuti rispettivamente come Kurdiska räven (“La Volpe curda”) e Grekan. Sul secondo non si conoscono molte informazioni, oltre alla sua presunta età, 24 anni, e al fatto che sembrerebbe coordinare il suo gruppo criminale dall’estero. Il primo, all’anagrafe Radwa Majid, un 36enne originario di Uppsala, è un volto noto alla polizia svedese: secondo SVT, nel 2018, in seguito a una serie di crescenti minacce alla sua persona, Majid avrebbe lasciato la Svezia nonostante si trovasse in regime di libertà vigilata e dunque sotto osservazione del Kriminalvården, l’istituzione che supervisiona il sistema carcerario e di recupero svedese. Successivamente, la Volpe curda si sarebbe stabilita in Turchia, acquisendone poi la cittadinanza, rendendo una sua possibile estradizione problematica dati i già delicati rapporti tra Stoccolma e Ankara. A tal proposito, l’attuale ministro della giustizia svedese, il moderato Gunnar Strömmer, ha accennato brevemente in un'intervista rilasciata a SVT il 16 marzo alla stretta e positiva collaborazione tra il suo governo e quello turco, nonostante diverse voci all’interno della polizia svedese chiedano che il governo faccia di più per assicurare la Volpe curda alla giustizia. Ad ogni modo, secondo Diamant Salihu, giornalista e scrittore esperto in narcotraffico, intervenuto sulla rete televisiva svedese TV4, la faida tra Kurdiska räven e Grekan si baserebbe sul controllo delle principali piazze di spaccio svedesi, in particolare quella di Sundsvall, una città a nord di Stoccolma. Data la sua posizione strategica, vicina alle propaggini settentrionali della Svezia quanto al confine con la Norvegia, e tuttavia accessibile grazie al suo porto affacciato sul Golfo di Botnia, Sundsvall sarebbe il luogo perfetto per la creazione di un hub per l’importazione di grosse partite di droga e il loro successivo smistamento dovunque vi sia domanda.
Questa preoccupante ondata di violenza ha naturalmente acceso l’opinione pubblica, e i dibattiti che ne sono seguiti si sono concentrati su molte delicate questioni. Tra tutte, due sono sembrate particolarmente significative: le conseguenze che la tangibile presenza del crimine organizzato può avere sulla società svedese nel lungo periodo e cosa può fare la polizia di concreto per combattere e prevenire lo sviluppo di questo tipo di attività illegali. A questo proposito, due interessanti articoli riportati dal Dagens Nyheter, entrambi pubblicati il sette marzo, offrono interessanti punti di vista su entrambi i temi. Nel primo, Jonas Öberg, investigatore del Brå (Brottsförebyggande rådet, traducibile come “Consiglio per la prevenzione del crimine”) ha indicato le criticità da risolvere che attualmente attanagliano il sistema investigativo della polizia svedese: mancanza di personale, errori nella gestione dei mezzi economici, mancata coordinazione tra le varie forze di polizia in sede di investigazione. Nel secondo, Amir Rostami, docente di criminologia all’università di Gävle, mette in guardia contro i pericoli della normalizzazione della violenza delle gang per la società svedese: “Se non ci si può proteggere e difendere, allora si perde la fiducia nella capacità che ha la società di farlo”, sostiene Rostami, che aggiunge “ciò fa sì che si cerchino modi diversi di difendersi, creando un sistema parallelo di amministrazione della giustizia.” Secondo il criminologo svedese, questo tipo di evoluzione della società presenta una caratteristica problematica, ovvero che avviene “gradualmente. Fa sì che ci si abitui ad essa. Fintantoché qualcuno non bussa alla nostra porta continuiamo a vivere come al solito.” Infine, Rostami conclude con un avvertimento “questa normalizzazione è altamente pericolosa.”