Canone culturale e identità nazionale

In un momento stampa allestito qualche giorno prima di Natale, la Ministra della cultura svedese Parisa Liljestrand ha presentato alla nazione le linee direttive per la composizione di un gruppo di esperti per definire un “canone culturale”, ovvero un elenco di opere significative di una identità svedese (la notizia è riportata su Sveriges Radio). Secondo le sue parole, il canone contribuirebbe a dare una maggiore solidità alle radici culturali del paese e aiuterebbe a sviluppare una maggiore consapevolezza dell’eredità letteraria e scientifica. Inoltre, aggiunge la Ministra, il canone servirebbe a spiegare perché il paese “appare così com’è al giorno d’oggi”. In occasione della conferenza, la Ministra ha anche nominato il noto storico Lars Trädgårdh a capo del comitato che ha il compito di stilare la lista delle opere importanti della storia culturale, allargando la selezione non solo ad espressioni della creatività letteraria, ma anche all’ingegneria, alla storia e all’economia.
Il lavoro di selezione e definizione di una lista delle opere fondamentali della cultura svedese, tuttavia, non spetterebbe solamente alla commissione presieduta da Trädgårdh: al contrario, essa è aperta ai suggerimenti e indicazioni che potranno provenire dalla popolazione, per quanto non sia stato ancora chiarito in che modo tale apertura alla collaborazione possa svolgersi, né, peraltro, quali siano i principi e i temi critici che giustifichino l’inserimento di un’opera nella lista del patrimonio culturale.
La definizione del canone proposta da Liljestrand rientra nei cosiddetti accordi di Tidö, che la coalizione dei partiti conservatori (Moderati, Cristiano-Democratici, Liberali) ha sottoscritto con la formazione nazionalista e sovranista dei Democratici Svedesi all’indomani delle elezioni del 2022. L’accordo prevedeva la formazione di un governo di minoranza costituito dai partiti del blocco conservatore ed il supporto esterno dei Democratici Svedesi (benché alla formazione siano stati riconosciuti alcune posizioni di sottogoverno). All’interno dell’accordo – che riguarda punti sensibili come sanità, lotta alla criminalità, piano energetico e lotta al cambiamento climatico –, il canone culturale trova una collocazione su pressione proprio dei Democratici Svedesi, nell’ambizione di questi di definire un’identità nazionale attraverso una proposta unilateralmente costituita su un “noi” difficilmente delimitabile. Come sostengono per contro gli studenti della Linné Universitet di Växjö – Kalmar nel blog A decolonial view, il tentativo presenta problematiche scientifiche e critiche di vasta portata, se si pensa all’obiettivo, espresso dalla stessa Liljestrand, di caratterizzare il canone come una “forza unificatrice” del paese”. La Ministra, d’altra parte, in un’intervista alla tv di stato SVT aveva affermato l’importanza di definizione delle “regole scritte e non scritte” della cultura nazionale svedese e quanto la compilazione di una lista delle opere di eccellenza potesse essere utile a rendere più fruibile l’eredità intellettuale svedese.
Critiche alla Ministra sono giunte per esempio da Björn Wiman, secondo cui Liljestrand sarebbe di corta esperienza in quanto proiettata al governo senza aver ricoperto alcun incarico di rilievo e con una carriera politica limitata alla partecipazione al Consiglio Comunale della cittadina di Vallentuna, località della regione di Stoccolma. Per contro, Johan Romin, su Expressen, rivendica come una valutazione negativa di Liljestrand, a poco più di un anno dall’insediamento, sia solo pregiudizievole. Ulteriori posizionamenti critici rispetto alla Ministra e alla sua iniziativa sono stati espressi dall’opposizione, sia per talune contraddizioni (la convinzione di massima apertura e libertà artistica proclamata a più riprese da Liljestrand si scontra per esempio con la sua stessa affermazione secondo cui occorrerebbe “limitare alcuni tipi di espressione culturale”, come si dice qui in riferimento alla music hip-hop e rap), sia nel merito della realizzazione del canone.
Stabilire una lista definitiva sancisce l’appartenenza di un’opera ad uno “spirito nazionale”; soprattutto, esclude, individua come aliene opere e temi che vengono giudicati disidentitari. Il problema è, evidentemente, di grande rilievo: come si può dare forma ad un’identità nazionale? In quali tratti essa è riconoscibile?
Allo stesso tempo, la definizione di un canone culturale ambisce ad un valore di perpetuità che non tiene conto che gusti critici e ricezioni delle opere si modificano nel tempo; per citare un noto esempio italiano: nel 1829 il poco più che trentenne Giacomo Leopardi partecipò con le Operette morali ad un concorso per l’assegnazione di un premio di mille scudi assegnato dall’Accademia della Crusca. Perse: il riconoscimento andò a Carlo Botta per La Storia d’Italia dal 1789 al 1814, riconosciuto di più grande valore nazionale. La considerazione che le due opere hanno oggi pare senz’altro mutata.
Le direttive che il governo svedese ha diffuso circa la definizione del canone comprendono, come si legge nelle linee guida pubblicate dall’ufficio di presidenza, una equidistanza e indipendenza dalla politica e “la necessità di acquisire quadri di comuni referenze culturali per una società in rapida trasformazione”, di cui in particolare devono acquisire conoscenza le generazioni più giovani. I lavori saranno conclusi e poi presentati entro il 31 agosto 2025. Come nota la redazione culturale di Svenska Dagbladet, “è possibile catturare l’essenza di concetto vasto e complesso come una cultura nazionale in una lista di opere?”
Il tentativo, che sarà al centro dell’attenzione critica e letteraria nei prossimi mesi, è estremamente interessante e offre spunti di riflessione anche per quanto concerne l’Italia, ove manca un canone “ufficiale”, ovvero riconosciuto come tale dalle istituzioni culturali del paese. De facto in Italia si è affermato un canone letterario che si è imposto nel corso dei secoli e che appare imprescindibile in ogni contesto educativo; contrariamente al caso svedese, esso rende più difficile non preservare la memoria del passato, ma, semmai fare spazio a testimonianze letterarie più recenti. Svezia e Italia, in altre parole, sembrano su questo tema agli opposti.